Il panorama normativo delle forme di esercizio professionale è in costante evoluzione, frutto di riforme che hanno progressivamente ampliato le possibilità operative, superando il tradizionale modello del professionista individuale per introdurre soluzioni organizzative più complesse e strutturate. La scelta della forma di esercizio è una decisione strategica che influenza profondamente tre aspetti fondamentali dell’attività professionale: il regime di responsabilità civile e disciplinare, l’organizzazione fiscale e tributaria, la natura dei rapporti contrattuali con i committenti. Comprendere le caratteristiche distintive di ciascuna forma diventa quindi essenziale per orientare consapevolmente le scelte organizzative iniziali e le successive evoluzioni.

L’esercizio individuale: caratteristiche e responsabilità

La libera professione si caratterizza per l’autonomia intellettuale e operativa del professionista, che svolge attività abituale e continuativa utilizzando prevalentemente processi deduttivi applicando saperi specialistici a casi concreti. Il principio della personalità dell’esecuzione, sancito dall’articolo 2232 del Codice Civile, stabilisce che la prestazione deve essere svolta personalmente dal professionista sulla base del rapporto fiduciario con il committente. Il regime di responsabilità nell’esercizio individuale è personale e illimitato: il professionista risponde delle proprie obbligazioni con tutto il patrimonio personale, sia presente che futuro.
La giurisprudenza ha progressivamente evoluto l’inquadramento della responsabilità professionale: se fino al 2005 prevale la concezione dell’obbligazione di mezzi (il professionista si obbliga a prestare il proprio sapere senza garantire il risultato), la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione Civile di quell’anno ha sancito che il progettista e direttore lavori deve garantire che la prestazione consenta al committente di soddisfare il proprio interesse, invertendo l’onere della prova.
Dal punto di vista operativo, l’architetto libero professionista deve necessariamente:
aprire partita IVA, iscriversi all’albo professionale, salvo coperture previdenziali derivanti da altre attività lavorative, iscriversi obbligatoriamente a Inarcassa. Non sussiste l’obbligo di iscrizione alla Camera di Commercio, elemento distintivo rispetto all’impresa individuale.

Lo studio associato: collaborazione senza personalità giuridica

Lo studio associato costituisce un mandato collettivo tra professionisti che operano in uno studio comune condividendo risorse, spese e strutture organizzative, ma mantenendo l’autonomia e la responsabilità individuale per le proprie prestazioni. Gli articoli di riferimento del Codice Civile sono il 2236, 2237 e 2238, che definiscono il regime generale delle associazioni private non riconosciute. L’organizzazione interna dello studio è regolata dall’atto costitutivo e dallo statuto, che definiscono: criteri di amministrazione, ripartizione degli utili, gestione delle spese comuni e modalità decisionali.
La caratteristica distintiva dello studio associato rispetto alle Società tra Professionisti risiede nell’assenza di personalità giuridica: lo studio agisce come centro unitario di imputazione dei rapporti, ma la prestazione professionale resta formalmente personale e fiduciaria. L’incarico può essere conferito allo studio associato come soggetto unitario, ma l’esecuzione è sempre riferibile al singolo professionista che ne assume la responsabilità diretta. Questa configurazione mantiene intatto il principio dell’intuitus personae e della personalità dell’esecuzione, elementi caratterizzanti della professione intellettuale.
Dal punto di vista fiscale e tributario, lo studio associato presenta specificità che lo differenziano sia dall’esercizio individuale che dalle società tra professionisti. La disciplina fiscale prevede regimi particolari per la determinazione del reddito e l’imposizione tributaria, con possibilità di opzioni che vanno valutate in relazione alle specifiche situazioni operative e dimensionali dello studio.

Le Società tra Professionisti: organizzazioni complesse

Le Società tra Professionisti (STP) rappresentano l’innovazione più significativa introdotta dalla Legge 183/2011 nell’ordinamento professionale italiano. Questa forma organizzativa nasce dall’esigenza di consentire ai professionisti di accedere a strutture societarie complesse e capitalizzate, superando le limitazioni della Legge 1815/1939 e colmando il gap con le organizzazioni professionali europee. Le STP rappresentano società di persone (società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice) o società di capitali (società a responsabilità limitata, società per azioni) o società cooperative che possono assumere la qualifica di “società tra professionisti” rispettando specifici requisiti normativi. Tra i requisiti essenziali per costituire una STP:
– l’oggetto sociale deve prevedere l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale
– i soci devono essere professionisti iscritti ad ordini, albi o collegi, anche in differenti sezioni (è ammessa la costituzione multidisciplinare con professionisti di categorie diverse)
– la maggioranza dei soci e del capitale sociale deve essere detenuta da professionisti
– è obbligatoria l’iscrizione sia al Registro delle Imprese che in apposita sezione dell’albo professionale.
Il regime di responsabilità nelle STP presenta una doppia articolazione: la società risponde civilmente delle obbligazioni assunte con il proprio patrimonio sociale (limitatamente nelle società di capitali, illimitatamente o per alcuni soci nelle società di persone), ma il professionista che esegue materialmente la prestazione mantiene sempre la responsabilità personale per gli aspetti tecnici e deontologici. Questa configurazione garantisce che il principio della personalità dell’esecuzione, elemento qualificante della professione intellettuale, non venga vanificato dalla forma societaria. Le STP risultano particolarmente opportune per partecipare a gare pubbliche e bandi che richiedono strutture organizzative complesse, requisiti dimensionali significativi e garanzie patrimoniali. Molti enti pubblici e privati privilegiano nelle selezioni le strutture societarie rispetto agli studi individuali o associati, ritenendo che l’organizzazione complessa garantisca maggiore affidabilità nell’esecuzione di incarichi articolati. Questa tendenza le rende strategiche per accedere a segmenti di mercato altrimenti preclusi ai professionisti individuali.

L’esercizio in forma subordinata: dipendenza pubblica e privata

L’esercizio della professione in forma subordinata rappresenta un’alternativa significativa alla libera professione. Nel settore pubblico, l’accesso avviene attraverso concorso pubblico secondo le procedure definite dalla piattaforma InPA governativa. Gli ambiti operativi comprendono uffici tecnici comunali, servizi di urbanistica e pianificazione, edilizia scolastica e sociale, edilizia sanitaria, ministeri, università e persino forze armate. I vantaggi di questa modalità includono stabilità lavorativa, orari regolari, contributo diretto al bene pubblico e possibilità di carriera interna attraverso progressioni verticali e orizzontali. I limiti dell’esercizio dipendente pubblico riguardano principalmente la minore flessibilità retributiva, la limitata libertà creativa determinata dai vincoli burocratici e procedurali, la maggiore formalità nei progetti e l’assoggettamento a procedure decisionali spesso lunghe e articolate. Dal punto di vista previdenziale, il dipendente pubblico è escluso dall’iscrizione obbligatoria a Inarcassa confluendo nel sistema Inps generale.
L’esercizio dipendente privato si caratterizza per la subordinazione intellettuale e materiale rispetto al datore di lavoro, con utilizzo di mezzi e strutture aziendali. Il rapporto è regolato dai contratti collettivi nazionali di lavoro di settore, che definiscono inquadramenti, retribuzioni, orari e condizioni lavorative. Questa forma consente comunque, in presenza di clausole contrattuali permissive e nel rispetto dei limiti deontologici, lo svolgimento di attività professionale autonoma in regime di part-time o compatibilità.

Le reti di professionisti: innovazione organizzativa

Lo “Statuto del lavoro autonomo” (Legge 81/2017) ha esteso ai professionisti la possibilità di costituire reti collaborative mutuando la disciplina del contratto di rete originariamente prevista per le imprese. Questa forma organizzativa, ancora scarsamente diffusa nonostante le potenzialità significative, rappresenta un’innovazione rilevante nel panorama delle forme di esercizio professionale. Le reti di professionisti consentono di collaborare in forme e ambiti attinenti all’attività professionale attraverso scambio di informazioni e prestazioni di natura tecnica o tecnologica; esercizio in comune di una o più attività rientranti nell’oggetto della professione; raggiungimento di obiettivi strategici condivisi attraverso programmi comuni.
L’iscrizione al Registro delle Imprese costituisce requisito essenziale per la rete soggetta anche per professionisti, elemento che può limitare le possibilità costitutive per i singoli professionisti non già organizzati in società. Tuttavia, questa forma risulta pienamente accessibile per le società tra professionisti e per le reti costituite da STP, aprendo possibilità di aggregazione sovra-territoriale particolarmente interessanti. I vantaggi principali delle reti includono:
– aumento della competitività attraverso offerte multidisciplinari integrate
– condivisione di costi e risorse con economie di scala significative
– accesso a incentivi fiscali e finanziari previsti per le reti d’impresa
– mantenimento dell’autonomia individuale con preservazione dell’identità professionale
– flessibilità organizzativa con possibilità di aggregazioni temporanee per progetti specifici.

Criteri di scelta e adattamenti progressivi

È frequente che i professionisti inizino con l’esercizio individuale per poi evolvere verso forme associative o societarie con la crescita dell’attività. L’evoluzione del mercato professionale, caratterizzata da crescente complessità progettuale e richiesta di competenze multidisciplinari, orienta infatti progressivamente verso forme di esercizio collettivo.
La normativa vigente consente passaggi tra diverse forme organizzative, permettendo adattamenti alle mutate esigenze operative. La scelta della forma di esercizio professionale dovrebbe quindi basarsi sulla valutazione integrata di diversi fattori: dimensione e tipologia di attività prevalente; mercato di riferimento e clientela target; necessità di capitalizzazione e accesso al credito; livello di complessità organizzativa richiesta; disponibilità alla condivisione di responsabilità e decisioni; obiettivi di crescita dimensionale a medio-lungo termine. Pertanto non esiste una forma di esercizio ottimale in assoluto, ma configurazioni più adatte a specifiche situazioni evolutive della carriera professionale.

Sì, ma con limitazioni precise che dipendono dal tipo di rapporto subordinato. Il dipendente pubblico può svolgere attività professionale autonoma solo previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza e rispettando il divieto di incompatibilità previsto dal DPR 62/2013 (sono vietate prestazioni che configurino conflitto di interessi con l’ente datore). Il dipendente privato deve verificare le clausole contrattuali: molti CCNL prevedono clausole di esclusiva o richiedono autorizzazione preventiva del datore di lavoro. In regime di part-time le possibilità sono maggiori, ma permane l’obbligo di evitare conflitti di interesse e concorrenza sleale verso il datore. Dal punto di vista previdenziale, se l’attività libero-professionale diventa significativa e abituale, può scattare l’obbligo di iscrizione a Inarcassa in aggiunta alla copertura del rapporto subordinato, con conseguente doppia contribuzione. Deontologicamente, il Codice richiede trasparenza verso il datore di lavoro e assenza di situazioni che possano compromettere l’indipendenza professionale o ledere la reputazione della categoria

Prima del 2005 prevaleva la concezione dell’obbligazione di mezzi: il professionista si obbligava a prestare il proprio sapere senza garantire il risultato, e la responsabilità emergeva solo provando l’errore tecnico. La sentenza delle Sezioni Unite ha stabilito che progettista e direttore lavori devono garantire che la prestazione consenta al committente di conseguire il risultato, invertendo l’onere della prova: ora è il professionista che deve dimostrare di aver agito con diligenza e competenza se il risultato non è raggiunto.

No, l’iscrizione a Inarcassa è obbligatoria solo per chi esercita la libera professione senza altre coperture previdenziali obbligatorie. Il dipendente pubblico confluisce nell’INPS e non ha obbligo di iscrizione a Inarcassa. Il dipendente privato con contratto subordinato è coperto dalla previdenza aziendale. Solo se il dipendente svolge attività libero-professionale significativa in regime di compatibilità può dover valutare l’iscrizione separata.

Introdotte dalla legge 81/2017 “Statuto del lavoro autonomo”, le reti permettono collaborazioni formali tra professionisti per scambiare informazioni, esercitare in comune attività e raggiungere obiettivi strategici condivisi mantenendo autonomia individuale. Vantaggi: maggiore competitività con offerte multidisciplinari, condivisione costi e risorse, accesso a incentivi fiscali, flessibilità senza stravolgere l’organizzazione individuale. Richiedono iscrizione al Registro Imprese, più accessibile per STP che per singoli professionisti.

I requisiti fondamentali sono: oggetto sociale esclusivamente rivolto all’esercizio professionale; maggioranza di soci e capitale detenuti da professionisti iscritti ad albi; iscrizione obbligatoria sia al Registro Imprese che in sezione speciale dell’albo professionale; denominazione deve contenere “società tra professionisti” o acronimo STP; possibilità di costituzione multidisciplinare con professionisti di categorie diverse; esecuzione incarichi affidata solo a soci qualificati. Regolata da legge 183/2011 art.10 e DM 34/2013.

Le Società tra Professionisti (STP) sono la forma preferenziale per gare pubbliche e bandi che richiedono strutture organizzative complesse, requisiti dimensionali significativi (fatturato, numero professionisti, esperienze pregresse) e garanzie patrimoniali. Molti bandi pubblici e anche privati privilegiano o richiedono esplicitamente forma societaria. Anche le reti di professionisti, pur meno diffuse, possono risultare idonee aggregando temporaneamente competenze per progetti specifici. Lo studio associato e l’esercizio individuale hanno limitazioni crescenti nell’accesso a questi mercati.


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