Nato in un’Italia che cercava di ricostruire la propria identità culturale e produttiva nel dopoguerra, questo premio è diventato un’istituzione culturale che ha contribuito a plasmare l’evoluzione del design italiano, influenzando tendenze, metodologie progettuali e approcci all’innovazione.

L’attenzione alla qualità formale unita alla ricerca funzionale, l’equilibrio tra innovazione e tradizione, il dialogo costante tra progettista e industria: sono questi i valori che il Compasso d’Oro ha promosso nel corso della sua storia. Come ha evidenziato Andrea Branzi, teorico del design e vincitore del Compasso d’Oro alla carriera: “Il premio ha contribuito a creare un circolo virtuoso tra progettisti, aziende e mercato, elevando la qualità complessiva della produzione italiana e creando un modello di riferimento internazionale.”

La visione di Gio Ponti e la nascita del premio

Nel 1954, in un’Italia che stava vivendo il miracolo economico e cercava di affermarsi come potenza industriale, il Premio Compasso d’Oro vide la luce grazie all’intuizione di Gio Ponti, figura poliedrica dell’architettura e del design italiano, e all’iniziativa dei grandi magazzini la Rinascente. Il nome stesso del premio, ispirato al compasso utilizzato da Adalbert Goeringer per il logo della Rinascente, simboleggiava la precisione e la misura che dovevano caratterizzare il buon design.

L’obiettivo originario era chiaro: valorizzare e promuovere la qualità del design industriale italiano, creando un nuovo linguaggio estetico che si distaccasse dalla retorica monumentale del ventennio fascista per abbracciare una visione più funzionale, democratica e moderna. Il premio nasceva anche dalla necessità di stabilire un ponte tra industria e creatività, in un momento storico in cui il design italiano stava definendo la propria identità.

“La forma del prodotto industriale deve nascere dalla sua funzione e dalla tecnica che lo realizza, non da uno stile imposto dall’esterno”, affermava Ponti, delineando quella che sarebbe diventata la filosofia portante del premio.

Il passaggio all’ADI e la sua istituzionalizzazione

Nel 1958, la gestione del premio passò all’Associazione per il Disegno Industriale (ADI), fondata due anni prima. Questo passaggio segnò un momento cruciale nella storia del riconoscimento, che da iniziativa privata si trasformò in un’istituzione culturale con una visione più ampia e strutturata.

L’ADI ampliò la portata del premio, includendo gradualmente diverse categorie progettuali e rafforzando il legame con il mondo produttivo e accademico. La cadenza del premio, inizialmente annuale, divenne biennale per permettere una selezione più accurata e rappresentativa delle tendenze emergenti.

Questo cambiamento organizzativo coincise con un periodo di straordinaria creatività nel design italiano, che vedeva emergere figure come Achille Castiglioni, Marco Zanuso, Vico Magistretti e aziende come Olivetti, Brionvega e Kartell, molte delle quali sarebbero state premiate negli anni successivi.

L’Osservatorio permanente del design

Il cuore del Premio Compasso d’Oro è l’Osservatorio permanente del design, un network di oltre 150 esperti tra critici, storici, giornalisti specializzati, designer e architetti che monitorano costantemente lo stato dell’arte della progettazione italiana. Questo organismo rappresenta un unicum nel panorama dei premi di design, garantendo un processo di selezione capillare e continuativo.

L’Osservatorio opera attraverso una metodologia rigorosa che prevede la segnalazione e documentazione di progetti meritevoli in diverse categorie, dalla progettazione di prodotto all’architettura d’interni, dal design dei servizi alla ricerca teorica. Questa attività di monitoraggio costante permette di costruire un quadro completo e aggiornato delle eccellenze progettuali italiane.

Il processo di selezione e i criteri valutativi

Il processo di selezione del Compasso d’Oro si articola in più fasi. Inizialmente, l’Osservatorio seleziona i progetti più meritevoli che confluiscono nell’ADI Design Index, una pubblicazione annuale che rappresenta già di per sé un importante riconoscimento. Da questa preselezione, una giuria internazionale indipendente, rinnovata ad ogni edizione e composta da esperti di chiara fama, seleziona i vincitori del Compasso d’Oro.

I criteri di valutazione si sono evoluti nel tempo, riflettendo i cambiamenti culturali, tecnologici e sociali. Se nei primi anni l’attenzione era rivolta principalmente all’estetica e alla funzionalità, oggi i parametri includono:

  • Innovazione tecnica e formale
  • Sostenibilità ambientale ed economica
  • Responsabilità sociale
  • Qualità produttiva e attenzione al dettaglio
  • Capacità di interpretare e anticipare i bisogni degli utenti
  • Coerenza tra forma, funzione e tecnologia produttiva.

Come ha sottolineato Luciano Galimberti, attuale presidente dell’ADI: “Il Compasso d’Oro non premia solo oggetti, ma processi, visioni e approcci progettuali che possano rappresentare un modello virtuoso per l’intero sistema produttivo.”

L’influenza sulla cultura progettuale italiana

Il premio ha svolto un ruolo fondamentale nella definizione dell’identità del design italiano, contribuendo a creare quella sintesi unica tra arte, artigianato e industria che ha reso il Made in Italy celebre nel mondo. Attraverso le sue selezioni, il premio ha promosso un’idea di progettazione che valorizza la ricerca formale senza mai perdere di vista la funzionalità e la qualità produttiva.

Per gli architetti, il Compasso d’Oro ha rappresentato un importante punto di riferimento, incoraggiando un approccio olistico alla progettazione che supera i confini disciplinari tradizionali. Non è un caso che molti dei più importanti architetti italiani – da Franco Albini a Gae Aulenti, da Renzo Piano ad Alessandro Mendini – abbiano ricevuto questo riconoscimento, spesso per progetti che spaziavano dall’arredo urbano al design di prodotto.

Nel corso della sua storia, il Compasso d’Oro ha premiato progetti che sono diventati vere e proprie icone del design mondiale, come:

  • la sedia Superleggera di Gio Ponti (1957), esempio perfetto di leggerezza strutturale e raffinatezza formale
  • la lampada Eclisse di Vico Magistretti per Artemide (1967), che rivoluzionò il concetto di illuminazione domestica
  • la macchina da scrivere Valentine di Ettore Sottsass per Olivetti (1970), simbolo di un approccio emotivo al design industriale
  • la sedia Tonietta di Enzo Mari per Zanotta (1987), manifesto di rigore progettuale
  • la Ferrari F430 (2006), dimostrazione che anche l’eccellenza automobilistica può essere riconosciuta come espressione di design.

 

Questi e molti altri progetti costituiscono un patrimonio culturale inestimabile che documenta l’evoluzione non solo del design, ma della società italiana nel suo complesso.

La nascita dell’ADI Design Museum

Nel 2021, è stato inaugurato a Milano l’ADI Design Museum – Compasso d’Oro, uno spazio espositivo permanente dedicato alla collezione storica del premio. Situato in un ex deposito tranviario completamente riqualificato nel quartiere di Porta Volta, il museo rappresenta la concretizzazione di un progetto culturale di ampio respiro.

Con i suoi 5.000 metri quadrati di superficie espositiva, il museo ospita oltre 2.300 oggetti premiati o selezionati dal 1954 ad oggi, costituendo la più completa raccolta di design italiano al mondo. La collezione è stata dichiarata nel 2004 “bene di interesse nazionale” dal Ministero della Cultura, riconoscendone così il valore storico e culturale.

La struttura del museo, che alterna spazi espositivi permanenti a mostre temporanee, laboratori didattici e aree per conferenze, lo rende un centro culturale dinamico, capace di stimolare il dibattito e la riflessione sulla progettazione contemporanea.

Come ha affermato Umberto Cabini, presidente della Fondazione ADI Collezione Compasso d’Oro: “Il museo non guarda solo al passato, ma vuole essere un laboratorio per il futuro del design, un luogo dove le nuove generazioni di progettisti possano trovare ispirazione e confrontarsi con la tradizione.”

Interessanti come un approfondimento e piacevoli come una conversazione tra amici, i design talk di Linee Trasversali mettono al centro la relazione osmotica tra progettisti e aziende, spaziando tra visite on-site, dialoghi con designer, musicisti e docenti aperti alla condivisione dei percorsi pragmatici e di pensiero che conducono alla definizione del progetto. A cura di Lorenzo Palmeri.

Il Premio Compasso d’Oro, istituito nel 1954 su iniziativa di La Rinascente e con la visione di Gio Ponti, è il più antico e prestigioso riconoscimento internazionale nel campo del design. È considerato una sorta di “Oscar” del design e rappresenta un’eccellenza italiana riconosciuta a livello mondiale. Il premio valorizza l’innovazione, la qualità e la responsabilità sociale dei prodotti e dei progetti di design.

La selezione si basa su un processo rigoroso e scientifico: ogni anno un Osservatorio Permanente composto da circa 150 esperti seleziona i prodotti e i progetti più meritevoli, suddivisi in 14 ambiti tematici. Una giuria internazionale, rinnovata periodicamente per garantire obiettività e freschezza di giudizio, sceglie poi i vincitori tra le candidature raccolte.

I criteri principali includono innovazione, qualità progettuale, sostenibilità, responsabilità sociale ed etica. Il premio non si limita al solo valore estetico o funzionale, ma tiene conto anche dell’impatto culturale, sociale e ambientale del prodotto o progetto. Alcuni prodotti, pur di alta qualità, possono non essere selezionati se non rispondono a criteri etici condivisi.

L’ADI gestisce il premio dal 1958, curando la selezione, la promozione e la tutela della collezione storica dei prodotti premiati, riconosciuta come patrimonio di interesse nazionale dal Ministero della Cultura. L’associazione rappresenta un punto di incontro tra progettisti, imprese, distributori e istituzioni, promuovendo il design italiano in Italia e all’estero.

Il Museo del Compasso d’Oro, nato dall’esperienza dell’ADI, raccoglie oltre 380 premi e 2.000 menzioni d’onore, offrendo una panoramica unica sulla storia del design italiano. Il museo non si limita a esporre oggetti, ma ne racconta il contesto, le motivazioni e l’impatto sociale, diventando uno spazio di cultura attiva e formazione per professionisti, studenti e famiglie.


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