La risposta non risiede nell’assenza di norme ma nella comprensione profonda della logica di sistema che il legislatore ha disegnato con il decreto legislativo 81 del 2008, un sistema complesso dove una pluralità di soggetti, organismi e strumenti devono interagire funzionalmente per raggiungere l’obiettivo comune: la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il percorso formativo proposto dal Centro Studi Tecnojus, dedicato all’aggiornamento quinquennale dei coordinatori della sicurezza, esplora proprio questa dimensione tecnico-giuridica, ovvero la capacità di comprendere come il mondo del diritto legge e interpreta le condotte professionali. Quando si è chiamati in un procedimento penale conseguente a un infortunio grave, il giudice parte da un convincimento che forse confida troppo nella bontà della norma, ritenendo che la causa risieda in una falla del sistema di sicurezza. L’esperienza come consulente tecnico insegna che le domande ricorrenti sono sempre le stesse: “vi siete coordinati? avete cooperato? lo avete fatto solo formalmente o sostanzialmente?”.

I soggetti della sicurezza: figure e posizioni di garanzia

Il concetto fondamentale da comprendere è che la sicurezza, secondo il legislatore, non è conseguibile attraverso l’azione di un singolo soggetto ma richiede una logica di sistema. Le figure in posizione di garanzia previste dal decreto legislativo 81 sono infatti molteplici e ciascuna con obblighi specifici. Il datore di lavoro rappresenta il soggetto centrale, dotato di competenze professionali e poteri gerarchici adeguati all’esercizio della funzione. Il dirigente attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa. Il preposto assume particolare rilevanza nei cantieri: l’articolo 123 stabilisce che il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali deve avvenire sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori. Questa disposizione costituisce una regola cautelare già decisa dal legislatore: per il coordinatore per l’esecuzione questo significa che nella verifica dell’idoneità del POS, laddove siano previsti montaggi o smontaggi di opere provvisionali, deve essere indicato che avvengono in presenza del preposto e il preposto deve essere nominato. Nella pratica, esaminando numerosi POS che teoricamente hanno avuto validazione da parte del coordinatore, questo elemento non viene mai trovato. L’RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) non è una posizione di garanzia in senso stretto perché non trova obblighi sanzionati dal decreto legislativo 81, tuttavia questo soggetto può essere chiamato in ambito processuale qualora la sua attività fosse in nesso di causa con l’infortunio. Il medico competente, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il progettista, il committente e responsabile dei lavori, completano il quadro dei soggetti.

Il DVR e il POS: valutazione dei rischi nel cantiere

La valutazione dei rischi rappresenta il fondamento su cui si costruiscono tutti gli strumenti della sicurezza. Il decreto legislativo 81 la definisce come valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui prestano la propria attività, finalizzata a individuare le adeguate misure di prevenzione e protezione ed elaborare il programma nel tempo delle misure. Il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) è lo strumento ordinario nelle organizzazioni di lavoro, mentre il DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali) riguarda situazioni di appalto. Nei cantieri temporanei o mobili il sistema è diverso: il Piano di Sicurezza e Coordinamento sostituisce il DUVRI per quanto riguarda la valutazione dei rischi interferenziali, mentre il Piano Operativo di Sicurezza (POS) sostituisce il DVR per il singolo cantiere. Il POS è redatto da ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici ed è considerato come piano complementare di dettaglio del PSC. L’articolo 92 comma 1 lettera b impone al coordinatore per l’esecuzione di verificare l’idoneità del POS per assicurare la coerenza tra questi due strumenti. Come si compie questa verifica? Il legislatore non l’ha regolamentato specificamente, lasciando al coordinatore l’onere di strutturare metodologicamente questa attività fondamentale. Negli ultimi tempi, almeno in Veneto, l’ASL o l’ispettorato del lavoro stanno facendo visite ispettive contestando ai coordinatori proprio la verifica dell’idoneità del POS, anche in assenza di infortuni, durante visite ispettive ordinarie.

Misure di prevenzione e protezione: adeguatezza e priorità

Una misura di prevenzione e protezione si può ritenere adeguata quando neutralizza il rischio. La prevenzione è definita come il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno. La protezione agisce invece sul danno anziché sulla probabilità dell’evento.

Secondo il principio fondamentale contenuto nelle misure generali di tutela, non ci dovrebbe mai essere una misura di protezione da sola senza una minima misura di prevenzione. Non si può armare e caricare il lavoratore di dispositivi di protezione individuale tentando di agire solo sul danno: si deve comunque fare in modo che il lavoratore non cada, realizzando per esempio un’elaborazione a terra dove non esiste quel rischio di caduta. La gerarchia è chiara: primo eliminare il pericolo alla fonte, secondo adottare misure di prevenzione, terzo ricorrere alle misure di protezione solo dove la prevenzione non può portare il rischio a zero.

L’allegato XV definisce le misure preventive e protettive come gli apprestamenti, le attrezzature, le infrastrutture, i mezzi e i servizi di protezione collettiva atti a prevenire il manifestarsi di situazioni di pericolo, a proteggere i lavoratori da rischi di infortuni o a tutelare la loro salute. Gli apprestamenti sono le opere provvisionali necessarie ai fini della tutela della salute (ponteggi, trabattelli). Le attrezzature sono qualsiasi macchina, apparecchio, utensile, impianto destinato ad essere usato durante il lavoro. Le infrastrutture comprendono viabilità, accessi, depositi. I mezzi e servizi di protezione collettiva includono segnaletica, sistemi di protezione collettiva contro le cadute dall’alto, impianti elettrici di cantiere.

Il Piano di Sicurezza e Coordinamento

Il PSC rappresenta lo strumento per eccellenza pensato e disegnato per i cantieri temporanei e mobili laddove ci sono più imprese presenti anche non contemporaneamente, quindi quando ci sono due organizzazioni di lavoro che possono entrare in conflitto tra loro. Il conflitto può esistere anche se non c’è una compresenza fisica di condivisione degli spazi. L’Europa non lo chiama PSC ma PSS (Piano di Salute e Sicurezza), e soprattutto il piano inteso come documento è richiesto dalla direttiva solo per cantieri di una certa entità superiori a 500-600 uomini giorno.

In Italia l’obbligatorietà del piano come documento è stata tradotta stabilendo che quando c’è l’obbligo di designazione del coordinatore ci sia anche l’obbligo di redazione del PSC. Questo genera situazioni paradossali: per lavori minimali, anche semplici rifacimenti di un bagno dove operano un idraulico, un elettricista e un muratore (tre imprese diverse), scatta l’obbligo del PSC anche se il lavoro è di manutenzione ordinaria. In Europa invece pensavano che il coordinatore coordinasse attraverso disposizioni, ordini, forme comunicative diverse, non necessariamente attraverso un documento enciclopedico. Il decreto ministeriale 9 settembre 2014 ha introdotto l’articolo 104-bis con un modello semplificato. L’elemento fondamentale è la specificità del piano rispetto al cantiere: l’articolo 100 stabilisce che il PSC è costituito da una relazione tecnica e da prescrizioni, e richiede che sia corredato da tavole esplicative di progetto relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria sull’organizzazione del cantiere.

Il POS e la verifica di idoneità: responsabilità del coordinatore

Il POS è redatto dal datore di lavoro dell’impresa esecutrice in riferimento al singolo cantiere interessato, con i contenuti riportati nell’allegato XV. L’impresa affidataria ha anch’essa l’obbligo di redigere il proprio POS, verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati, verificare l’applicazione delle disposizioni del PSC e verificare la congruenza dei POS delle imprese esecutrici rispetto al proprio.

Per il coordinatore per l’esecuzione, la verifica dell’idoneità del POS rappresenta un obbligo fondamentale ma poco regolamentato. Una delle carenze che rende deficitaria e problematica la verifica di idoneità del POS, almeno secondo l’esperienza processuale, è proprio la descrizione dell’attività di cantiere e delle modalità organizzative dei turni di lavoro. Esempio: in un infortunio mortale durante la tassellatura delle travi alari di un capannone, nel POS della ditta di prefabbricati c’era scritto “montaggio delle travi alari e tassellatura” ma non si diceva come si procedeva. Mancava la descrizione di: come veniva scaricata la trave alare quando arrivava in cantiere, se veniva stivata a terra o portata immediatamente in quota, come si saliva in copertura, se c’era una linea di vita temporanea, se si saliva con piattaforma elevatrice e se autorizzata allo sbarco.

Informazione, formazione e addestramento: strumenti sottovalutati

L’informazione e la formazione, compreso l’addestramento, sono considerate strumenti fondamentali per la sicurezza, particolarmente attenzionati in ambito processuale. La formazione è definita come processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori e ad altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili all’acquisizione di competenze. L’informazione è diretta a fornire conoscenze utili all’identificazione, riduzione e gestione dei rischi in ambiente di lavoro. L’addestramento è quello molto più complesso che riguarda l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale cosiddetti di terza categoria, cioè quelli salvavita.

Esempio: un lavoratore aveva usato un transpallet per portare una pila di bancali in cima a una piattaforma. Durante l’operazione i bancali stavano cadendo, l’operatore in cima ha chiesto aiuto al collega che istintivamente è corso in soccorso. Non sono riusciti a trattenere la pila e si sono rovinati addosso. Durante il processo si è insistito sul fatto che non è possibile agire sui comportamenti istintivi: come si fa a dire a una persona di non correre in aiuto di un collega in pericolo? Secondo la sentenza, la formazione e l’informazione servono a correggere anche i comportamenti cosiddetti istintivi.

Il giudice ha fatto una disquisizione distinguendo i comportamenti riflessi (tocco una superficie calda, ritraggo la mano) dai comportamenti istintivi. Secondo questa concezione giuridica, il comportamento istintivo è controllabile e neutralizzabile attraverso la formazione, l’informazione e l’addestramento. Correre in aiuto di un collega è un rischio che deve essere gestito attraverso la formazione specifica: spiegare che certi interventi richiedono attrezzature, che l’improvvisazione genera ulteriori vittime (come nei casi delle fosse biologiche dove scende uno e poi sempre qualcun altro, generando più morti). La tesi difensiva secondo cui certi comportamenti sono incontrollabili viene sistematicamente respinta dalla giurisprudenza.

Il fascicolo dell’opera e la notifica preliminare

Completano il quadro altri strumenti previsti dal legislatore. Il fascicolo dell’opera, predisposto dal coordinatore per la progettazione e aggiornato dal coordinatore per l’esecuzione, raccoglie le informazioni utili ai fini della prevenzione e protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori nelle successive manutenzioni, riparazioni, trasformazioni dell’opera. La notifica preliminare, documento che il committente o responsabile dei lavori deve trasmettere all’ASL e alla Direzione Provinciale del Lavoro prima dell’inizio dei lavori, contiene informazioni sul cantiere, sui soggetti coinvolti, sulla durata presunta dei lavori, sull’ammontare complessivo dei lavori. Serve agli organi di vigilanza per programmare le ispezioni sui cantieri, concentrando le risorse dove i rischi sono maggiori.

Le linee guida e le buone prassi, citate nell’articolo 2 lettere v e z del decreto legislativo 81, rappresentano ulteriori strumenti attraverso cui il professionista può fondare le proprie scelte. L’attività professionale è fondamentalmente di carattere deduttivo: si percepiscono e valutano i fatti attraverso le leges artis, le regole tecniche, le regole di esperienza, le regole cautelari. Si compiono scelte, si fanno valutazioni, si esprimono giudizi sulla base di un sapere specialistico che deve trovare fondamento anche in questi documenti.

Utilizzare linee guida validate, buone prassi riconosciute, protocolli condivisi rappresenta una tutela professionale importante: dimostra che le scelte sono state effettuate in conformità con le best practice riconosciute, i principi consolidati e gli standard professionali attualmente accettati e condivisi dalla comunità tecnica.

Un sistema può essere definito come un’unità fisica e funzionale costituita da più parti o sottosistemi interagenti, dove esiste una relazione funzionale tra gli elementi. Nel mondo della sicurezza questo significa che esistono una pluralità di soggetti in posizione di garanzia che devono adottare regole cautelari sulla scorta di conoscenza e condivisione. La caratteristica distintiva di un sistema è che le varie parti danno un proprio contributo ma non agiscono da sole per un fine comune. La definizione “coordinatori della sicurezza” mette in primo piano la fondamentale funzione di coordinare, azione che implica il coinvolgimento di una pluralità di soggetti attraverso strumenti specifici: datore di lavoro, dirigente, preposto, coordinatore, committente, progettista devono adottare regole cautelari coordinandosi e cooperando. Per il coordinatore questo significa che il PSC non è semplicemente un documento ma lo strumento attraverso cui si realizza questa interazione funzionale. Operativamente: documentare sempre le attività di coordinamento attraverso verbali, comunicazioni scritte, disposizioni tracciate.

La verifica dell’idoneità del POS è obbligo del coordinatore per l’esecuzione (articolo 92 comma 1 lettera b) ma il legislatore non ha regolamentato come compierla. Suggerimenti operativi: utilizzare checklist basate su pubblicazioni autorevoli, linee guida regionali, Buone Prassi (in Lombardia e Friuli Venezia Giulia esistevano documenti specifici). Verificare: correlazione esplicita con PSC ricevuto (“a seguito di PSC trasmesso in data X”); descrizione dettagliata dell’attività di cantiere e delle modalità organizzative (non basta scrivere “montaggio ponteggio” ma bisogna specificare come si scarica, si stiva, si procede al montaggio, chi è il preposto presente); presenza nominativo del preposto quando previsto montaggio/smontaggio opere provvisionali (articolo 123); nominativi degli addetti alle emergenze antincendio/primo soccorso; assenza di incongruenze. Carenze frequenti: POS scritti da commercialisti o società con refusi evidenti, mancanza totale di descrizione operativa, assenza di correlazione con il PSC, preposto mai indicato. Forma della verifica: non è obbligatoria per iscritto ma è fortemente consigliata con una comunicazione datata al datore di lavoro, eventuali prescrizioni con termine di adeguamento.

Il Piano di Sicurezza e Coordinamento può essere redatto in forma semplificata o completa a seconda della complessità del cantiere e dei rischi presenti. L’allegato XV del decreto legislativo 81/2008 prevede che il PSC semplificato possa essere adottato per cantieri che non superano i 200 uomini-giorno (soglia indicativa derivante dalla direttiva cantieri 92/57/CEE) e dove i rischi sono limitati e facilmente gestibili. In questi casi, il PSC semplificato deve comunque contenere tutti i contenuti minimi previsti dall’articolo 100: identificazione e descrizione dell’opera, individuazione soggetti con compiti di sicurezza, relazione sui rischi specifici derivanti dall’area, scelte progettuali e organizzative, procedure e misure preventive, misure di coordinamento, cronoprogramma dei lavori, stima dei costi per la sicurezza. Il PSC completo è invece obbligatorio per cantieri sopra i 200 uomini-giorno o quando sono presenti rischi particolari elencati nell’allegato XI (lavori con rischio di seppellimento o sprofondamento, lavori in pozzi o cunicoli, lavori in presenza di agenti chimici o biologici, lavori con radiazioni ionizzanti, lavori in prossimità di linee elettriche ad alta tensione, lavori comportanti uso di esplosivi, lavori in cassoni ad aria compressa). La scelta tra PSC semplificato e completo non è discrezionale ma deve essere motivata tecnicamente dal coordinatore in base alla valutazione preliminare dei rischi: documentare l’iter logico seguito nella scelta tutela professionalmente in caso di contestazioni.

Il concetto di rischio si esprime attraverso un’equazione: rischio = probabilità × danno. Perché il rischio sia uguale a zero, uno dei due fattori deve andare a zero. Se si lavora in copertura (pericolo), il rischio di caduta esiste: si può intervenire sulla probabilità (parapetti, dispositivi anticaduta per impedire l’accadimento) oppure sul danno (materassoni che attutiscono l’impatto se l’evento si verifica comunque). Le matrici di rischio, utili perché consentono di essere stilate in relazione al cronoprogramma, servono per dare indicazioni operative. Se nella matrice si ricade nell’equazione probabilità 4 (elevata) × danno 4 (morte), si ottiene 16: rischio inaccettabile. In questo caso occorre ripensare completamente l’intervento, cercare soluzioni alternative, adottare misure preventive e protettive particolarmente rigorose. Queste matrici diventano criteri che, quando qualcosa non funziona, permettono di spiegare a un giudice che si è fatto di tutto per evitare l’evento, documentando l’iter logico-intellettivo seguito. Problema pratico: molti DVR/PSC contengono matrici mai utilizzate operativamente, diventando esercitazioni teoriche. Regola: o si fanno con cognizione di causa documentando scelte conseguenti, o meglio concentrarsi su descrizioni operative concrete. In procedimenti penali, matrici ben fatte permettono di dimostrare che si è fatto tutto quanto necessario per evitare l’evento.

L’impresa affidataria è titolare del contratto di appalto con il committente, può valersi di subappaltatrici o lavoratori autonomi. Anche se subappalta totalmente i lavori, ha obblighi specifici non eliminabili (articolo 97), ovvero: verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati, applicare le disposizioni del PSC, coordinare gli interventi come da articolo 95 (misure generali tutela) e articolo 96 (prescrizioni esecutive), verificare l’idoneità del POS rispetto alle caratteristiche opere o lavori affidati, verificare la congruenza del POS delle imprese esecutrici rispetto al proprio (quindi l’affidataria deve avere il proprio POS anche se non esegue materialmente), coordinare la modalità attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi di incidenti su lavorazioni oggetto di appalto, organizzare tra datori di lavoro – compresi i lavoratori autonomi – la cooperazione e il coordinamento delle attività e della reciproca informazione. Le verifiche devono risultare documentalmente: verbali, comunicazioni scritte, disposizioni con termini di adeguamento. Nei procedimenti penali l’affidataria che ha subappaltato viene comunque chiamata a rispondere se non ha esercitato questi obblighi di verifica e coordinamento. Non basta “passare il lavoro”: la responsabilità di vigilanza sul sistema permane.

Il Fascicolo dell’Opera, previsto dall’articolo 91 comma 1 lettera b del decreto legislativo 81/2008, rappresenta lo strumento che il coordinatore per la progettazione deve predisporre per contenere le informazioni utili ai fini della prevenzione e protezione dei rischi durante i successivi lavori di manutenzione dell’opera. Non si tratta di un documento per la fase di costruzione ma per la vita dell’edificio dopo il suo completamento: chi dovrà intervenire per manutenzioni ordinarie o straordinarie (pulizia facciate, rifacimento coperture, manutenzione impianti) deve poter conoscere preventivamente i rischi specifici di quell’opera e le misure preventive da adottare. Il FOO deve indicare: elementi strutturali con potenziale rischio (coperture praticabili o meno, parapetti, passerelle); impianti con necessità di manutenzione (dove sono le valvole, come accedere in sicurezza); presenza di materiali pericolosi (amianto, piombo); procedure operative per lavorazioni specifiche. Il coordinatore per l’esecuzione ha l’obbligo di aggiornare il fascicolo durante i lavori se emergono variazioni significative. Il fascicolo viene consegnato al committente al termine dei lavori e dovrebbe accompagnare l’immobile per tutta la sua vita utile. Criticità: nella pratica il FOO viene spesso considerato mero adempimento burocratico anziché strumento operativo, con gravi lacune informative che espongono a rischi futuri manutentori. Dal punto di vista giurisprudenziale, se un infortunio si verifica durante manutenzioni successive e il FOO risulta carente o assente, il coordinatore originario può essere chiamato a rispondere penalmente anche a distanza di anni dal completamento dell’opera.


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