In questo quadro, le Nature Based Solutions (NbS) e il concetto di Urban Green Infrastructure diventano una grammatica di progetto fondata su dati, tipologie urbane, reti ecologiche e scelte botaniche performanti, dal quartiere al dettaglio costruttivo, fino alla manutenzione post-collaudo.
Dal verde ornamentale agli ecosistemi urbani: un cambio di paradigma
La progettazione contemporanea degli spazi verdi si fonda su un principio fondamentale: la distinzione tra verde ornamentale e verde territoriale. Il primo comprende specie acquisite attraverso cataloghi commerciali e ingegneria paesaggistica, mentre il secondo valorizza le specie native del territorio, quelle che caratterizzano e producono le aree forestali locali. Questa distinzione non è meramente botanica, ma rappresenta una scelta strategica che influenza l’intera concezione progettuale.
L’approccio metodologico moderno introduce una classificazione urbanistica innovativa che supera la tradizionale suddivisione tra zone E e zone F. Emerge una tripartizione funzionale che distingue il verde mobilità (orientato alla mitigazione degli impatti del traffico veicolare), il verde spazio urbano (destinato alla fruibilità e al benessere dei cittadini) e il verde territoriale (focalizzato sulla funzione ecologica e la conservazione ambientale).
Questa nuova tassonomia si accompagna a criteri compositivi che privilegiano la stratificazione vegetazionale: piano arboreo (oltre 4 metri di altezza), piano arbustivo (fino a 4 metri) e piano erbaceo, ricreando quella complessità strutturale che caratterizza gli ecosistemi naturali. La progettazione diventa così un processo di ricostruzione di biomi urbani, dove ogni specie trova la propria collocazione funzionale ed ecologica.
Strumenti operativi per la progettazione ecosistemica
La realizzazione di infrastrutture verdi efficaci richiede strumenti metodologici specifici. L’Atlante del verde urbano emerge come uno strumento fondamentale per la ricognizione tipologica degli spazi verdi, permettendo di classificare e rappresentare il sistema verde secondo criteri di fruibilità. Questo approccio consente di superare la tradizionale classificazione indifferenziata e di costruire una mappatura della città che evidenzia le tre classi urbanistiche del verde.
Parallelamente, il censimento del patrimonio verde diventa elemento strategico per la gestione. Si evolve dall’anagrafe semplice (conteggio delle specie per toponimo stradale) all’inventario-catasto georeferenziato, che registra dati funzionali come stato di conservazione, aspetti gestionali, periodicità delle manutenzioni e problematiche specifiche. Questo sistema informativo diventa il motore per costruire strategie di riqualificazione mirate ed economicamente sostenibili.
La modellizzazione urbanistica rappresenta un ulteriore elemento chiave, permettendo di costruire scenari di riferimento a scale diverse. Che si tratti di modellizzazione per cinturazioni (greenbelt), elementi puntuali (square), elementi lineari (promenade verdi) o elementi di connessione, l’obiettivo rimane la costruzione di un mosaico urbano dove le tessere verdi sono distribuite strategicamente per massimizzare la connettività ecologica.
L’habitat template: quando la natura diventa modello progettuale
Uno degli aspetti più innovativi dell’approccio contemporaneo è rappresentato dall’habitat template, metodologia che prevede l’individuazione di un habitat naturale di riferimento per selezionare specie performanti del territorio. Questo approccio richiede un’attenta analisi della vegetazione attraverso transect vegetazionali: superfici di analisi di 200 metri quadrati dove vengono rilevate distribuzione, frequenza, densità e biomassa delle specie presenti.
L’analisi della stratificazione naturale diventa così fonte di ispirazione progettuale. Osservando come si organizzano piano arboreo, arbustivo ed erbaceo negli ecosistemi locali, il progettista può ricreare consociazioni vegetali che sfruttano i meccanismi di mutuo aiuto tra specie, aumentando la resilienza complessiva del sistema. Questo principio si traduce in criteri prestazionali specifici: ambientali ed ecologici (utilizzo di piante native), prestazioni bioclimatiche (ombreggiamento e traspirazione), capacità di sequestro degli inquinanti e incremento della biodiversità.
La selezione del materiale vegetale segue quindi una logica ecologica che distingue tra specie native, esotiche (legate alla tradizione del giardino), similari (con comportamenti e forme architettoniche affini), accessorie (che accompagnano le specie titolari) e solitarie (che vivono come individui isolati). Questa classificazione permette di costruire un “abaco di progetto” che guida le scelte compositive verso soluzioni ecosistemicamente coerenti.
Verde tecnologico e multifunzionalità delle infrastrutture verdi
L’integrazione tra approccio ecologico e innovazione tecnologica trova espressione nel verde tecnologico: giardini verticali, tetti verdi, facciate verdi che trasformano le “scogliere urbane” in ecosistemi produttivi. Questi sistemi, progettati secondo i principi dell’habitat template, utilizzano forme biologiche specifiche (fanerofite e nanofanerofite) selezionate per la loro capacità di prosperare in condizioni difficili.
La ricerca scientifica dimostra l’efficacia di questi sistemi: singole piante arbustive come rosmarino africano, cistus, evonimo e mirto mostrano capacità di sequestro significative, che moltiplicate per le densità di impianto (30-40 piante al metro quadrato per il verde verticale, 8-12 per il verde pensile) trasformano questi sistemi in “macchine biologiche” per la purificazione dell’aria urbana.
La multifunzionalità diventa così caratteristica distintiva delle nuove infrastrutture verdi: non solo prestazioni ambientali (climatizzazione, sequestro di CO2, riduzione inquinanti), ma anche servizi ecosistemici (ricostruzione catena trofica, conservazione germoplasmi), benefici economici (incremento valore immobiliare) e sociali (benessere, comfort urbano).
Sostenibilità integrata: ambientale, economica e sociale
L’approccio Nature Based Solutions integra tre dimensioni della sostenibilità. La sostenibilità ambientale si concentra sull’aumento delle quote di naturalità e riduzione dei consumi energetici, traducendosi in strategie di climatizzazione passiva e abbattimento delle isole di calore. La sostenibilità economica supera il paradigma del verde come costo, dimostrando come possa generare redditi diretti e indiretti, con criteri di ottimizzazione che distinguono tra verde intensivo (40-60 euro/mq) ed estensivo (5-10 euro/mq).
La sostenibilità sociale si misura nella capacità di generare benessere, comfort e qualità della vita. L’analisi dei bisogni degli utenti diventa elemento progettuale: la maggior parte delle persone utilizza i giardini per 1-2 ore, preferibilmente nel secondo pomeriggio, richiedendo presenza di panchine, cestini, aree per cani e composizioni che richiamano il paesaggio romantico all’inglese (prato, boschetto, laghetto).
Dalla teoria alla pratica: strumenti di valutazione e monitoraggio
L’implementazione di questi principi richiede strumenti di valutazione specifici. La VAS (Valutazione Ambientale Strategica) applicata al verde urbano analizza connettività urbana, connettività ecologica, contenuti di ecologia e fertilità agronomica attraverso sei campi di indagine: funzionalità, sicurezza, criteri gestionali, qualità compositiva, servizi e reti, esposizione a fonti inquinanti.
Questo sistema di valutazione, con scala da scarso (0) a buono (1), permette di individuare criticità per tematismi e costruire politiche mirate, collegando pianificazione e gestione in un’ottica di ottimizzazione della spesa pubblica. Il monitoraggio post-realizzazione diventa elemento strategico per verificare il raggiungimento degli obiettivi progettuali, particolarmente per quanto riguarda copertura vegetazionale, sviluppo della biomassa e funzionalità ecosistemica.
Verso una nuova cultura progettuale
La progettazione degli spazi verdi urbani sta attraversando una rivoluzione metodologica che richiede ai professionisti un aggiornamento sostanziale delle competenze. Non si tratta più di applicare ricette consolidate, ma di comprendere dinamiche ecologiche complesse, padroneggiare strumenti di analisi territoriale, integrare aspetti economici e sociali in visioni sistemiche.
Questo nuovo approccio promette di trasformare le città in ecosistemi resilienti, capaci di affrontare le sfide climatiche contemporanee offrendo al contempo qualità della vita elevata e identità paesaggistica riconoscibile. La strada è tracciata, ma richiede professionisti preparati e aggiornati sulle metodologie più avanzate.
Il verde primario rientra nelle opere infrastrutturali di carattere organizzativo del lotto e si lega al mantenimento delle superfici esistenti come ecosistemi (boschi, boscaglie, siepi campestri, macchie) in forma non frammentata. Il verde secondario è il verde ornamentale con funzione tecnologica (1,50 mq per ogni mq di superficie fondiaria), che include tutto il verde di raffrescamento e aumento delle superfici permeabili nelle pertinenze degli edifici. Questa distinzione è fondamentale per il calcolo degli indici urbanistici e per definire le strategie di intervento.
Le distanze si basano sulle classi di grandezza potenziale: prima grandezza (oltre 18 m) richiede distanze di 9-15 metri, quarta grandezza (sotto 8 m) necessita di 4,5-6 metri. Per le conifere si aggiunge un metro per il maggior sviluppo delle chiome. Oltre al sesto di impianto, bisogna rispettare le distanze dai confini (3 m per alberi, 6 m per strade extraurbane secondo il codice stradale) e dagli edifici, dove si consiglia una distanza di sicurezza maggiorata del 50% rispetto al sesto standard per considerare l’apparato radicale.
La selezione avviene attraverso l’analisi di “habitat prioritari” – luoghi caratterizzati da condizioni ambientali estreme che hanno operato una selezione naturale di specie particolarmente resistenti. Si utilizzano transect vegetazionali di 200 mq per analizzare frequenza, densità e biomassa delle specie. Le forme biologiche preferenziali sono fanerofite e nanofanerofite, privilegiando specie con impollinazione entomofila e capacità di stratificazione vegetazionale. L’obiettivo è ricreare biomi locali utilizzando specie principali, accessorie e solitarie in consociazione.
Si distingue tra verde intensivo (40-60 €/mq annui) ed estensivo (5-10 €/mq annui), organizzando la superficie per aree ad alto, medio e basso investimento. L’incidenza della manodopera supera il 50% dei costi, quindi l’ottimizzazione si basa sulla riduzione dei tempi morti (spostamenti) e sull’organizzazione per sub-aree. Il sistema di compensazione albero-arbusto (1 albero prima grandezza = 4-8 arbusti) permette di calibrare gli investimenti. La sostenibilità economica si valuta anche considerando i redditi indiretti (incremento valore immobiliare, riduzione costi sanitari, turismo verde).
L’efficacia dipende dalla densità di impianto (30-40 piante/mq per verde verticale, 8-12 per verde pensile), dalla superficie fogliare complessiva e dalla capacità di sequestro delle singole specie. Ad esempio, il rosmarino africano mostra capacità di sequestro superiori al mirto per la maggiore quantità di foglie nonostante le dimensioni ridotte. È fondamentale la stratificazione vegetazionale con piano arboreo, arbustivo ed erbaceo, privilegiando forme biologiche adatte (nanofanerofite cespitose) e specie con comportamenti consociativi per aumentare la resilienza del sistema.
La VAS per il verde urbano analizza sei campi specifici: funzionalità (modalità d’uso dello spazio), sicurezza, criteri gestionali, qualità compositiva, servizi e reti distribuite, esposizione a fonti inquinanti. Ogni campo viene valutato con scala 0-1 (scarso-buono), permettendo di individuare criticità per tematismi. Si analizza la connettività urbana (relazione tra viabilità e spazi verdi) e la connettività ecologica (presenza specie native, stratificazione vegetazionale, fertilità terreno). Il sistema di “coerenza” codifica i servizi di paesaggio (accoglienza, gioco, ecologia, sorveglianza) confrontandoli con standard di riferimento per creare meccanismi di compensazione nella valutazione complessiva.