L’avvio alla professione comporta la comprensione di due universi paralleli ma profondamente diversi: l’incarico privato, caratterizzato dall’autonomia contrattuale e dal rapporto fiduciario diretto con il committente, e l’incarico pubblico, regolato da una normativa speciale che stabilisce procedure, requisiti e modalità di affidamento stringenti. Se un tempo il cliente privato rappresentava la committenza maggioritaria, oggi l’incarico pubblico sta guadagnando terreno, diventando un’opportunità strategica per chi sa navigare consapevolmente in un quadro normativo complesso governato dal nuovo codice dei contratti pubblici.

L’incarico professionale: natura e fondamenti giuridici

L’incarico professionale si sostanzia nell’affidamento da parte del committente al professionista affinché svolga un’attività che costituisce oggetto della professione esercitata. Questa affermazione, apparentemente banale, nasconde un universo di implicazioni giuridiche che l’architetto contemporaneo non può ignorare. La professione di architetto è una professione intellettuale regolamentata: intellettuale perché basata su saperi e conoscenze specialistiche unite a condotte probe improntate alla massima diligenza professionale, regolamentata perché asservita alle tutele pubblicistiche e all’affidamento dei terzi.

L’articolo 2229 del Codice Civile stabilisce che la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi, riconoscendo il ruolo fondamentale della vigilanza dello Stato. Questa vigilanza non è vessazione burocratica ma riconoscimento che i nostri speciali saperi, le nostre conoscenze, quel saper fare e saper essere è asservito alla tutela di specifici interessi pubblici: salute, sicurezza, incolumità pubblica, territorio, ambiente, paesaggio, beni culturali e affidamento dei terzi. Nella gerarchia degli interessi, l’interesse pubblico prevale sull’interesse privato: anche quando svolgiamo la nostra attività per conto e nell’interesse di un cliente privato, non dobbiamo mai dimenticare l’interesse pubblico.

Il contratto di prestazione d’opera intellettuale, disciplinato dall’articolo 2230 e seguenti del Codice Civile, si caratterizza per la personalità nell’esecuzione (intuitus personae), anche se svolto in forma societaria. La scelta del professionista avviene sulla base della qualità della persona: si va da quell’architetto perché piace come progetta, perché ne parlano bene, perché si comporta scrupolosamente con i clienti. Questo rapporto fiduciario rappresenta la base del contratto, ma non elimina la necessità di formalizzarlo adeguatamente.

Il contratto sinallagmatico: prestazione e corrispettivo

Il contratto di prestazione d’opera intellettuale è di tipo sinallagmatico: ovvero esiste un nesso di reciprocità che unisce una prestazione a un’altra. Il principio latino “do ut des” (do una cosa perché tu dia un’altra cosa) qui si declina come “facio ut des” (faccio una cosa perché tu mi dia). Nel momento in cui si conclude il contratto, il committente diventa creditore della prestazione e il professionista diventa debitore della prestazione. È come una partita dove si parte da debitori come professionisti e si deve invertire la posizione adempiendo in modo esatto alla prestazione. Prestazione esatta significa non solamente pattuita ma dovuta. Se si adempie esattamente la prestazione dovuta, i ruoli si invertono: il professionista diventa creditore del compenso professionale e il committente diventa debitore. Questa inversione non è automatica ma conseguente all’adempimento, che deve essere verificabile e verificato.

L’articolo 1173 del Codice Civile identifica le fonti dell’obbligazione: il contratto rappresenta la fonte principale, ma non l’unica. Anche “ogni altro fatto o atto stabilito dall’ordinamento giuridico” può diventare fonte di obbligazione. Nel caso specifico della professione, redigere un progetto conforme alla disciplina urbanistica edilizia vigente in un determinato territorio costituisce obbligazione anche se il committente vorrebbe qualcosa di non completamente conforme. Anche il fatto illecito può diventare fonte di obbligazione in una responsabilità extracontrattuale: se un grave vizio dell’opera crea un danno ingiusto a un acquirente di un immobile del quale si è stati progettisti o direttori lavori, quel danno ingiusto diventa fonte di un’obbligazione risarcitoria da parte di tutti i soggetti ritenuti in nesso causale con quel difetto, anche senza vincolo contrattuale diretto con il danneggiato.

Gli articoli fondamentali del Codice Civile

La conoscenza degli articoli fondamentali del Codice Civile che regolano la prestazione d’opera intellettuale rappresenta un patrimonio professionale imprescindibile. L’articolo 2231 stabilisce che la mancanza di iscrizione all’albo non dà diritto al pagamento del compenso: se non si possiede la competenza richiesta per quella specifica attività, non solo non si ha diritto al compenso ma si può configurare l’esercizio abusivo di professione.

L’articolo 2232 stabilisce che il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto, caratteristica dell’intuitus personae (in base alla qualità della persona). Questo principio non è incompatibile con l’utilizzo di collaboratori e ausiliari, ma la responsabilità rimane personale del professionista incaricato. L’articolo 2233 regola il compenso: se non è convenuto dalle parti, è determinato secondo le tariffe o usi, e in loro mancanza dal giudice. Il secondo comma dell’articolo 2233 contiene un principio fondamentale spesso ignorato dalla giurisprudenza: “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”. Sull’importanza dell’opera c’è convergenza, sul decoro della professione la giurisprudenza ha sempre sostenuto che tutte le professioni sono decorose, non solo quelle intellettuali. Il terzo comma stabilisce la nullità dei patti tra avvocati e praticanti se non redatti in forma scritta, norma specifica per gli avvocati che godono di legislazione autonoma.

L’articolo 2234 riconosce il diritto del professionista a ricevere anticipazioni e stabilisce un divieto di ritenzione: non si possono trattenere documenti ricevuti durante l’incarico se non per tutela dei propri diritti secondo leggi professionali. L’articolo 2237 regola il recesso: il cliente può sempre recedere ad nutum, pagando le spese sostenute e il compenso per l’opera svolta. Il professionista non può pretendere compensi per mancato guadagno futuro. Diversamente, il prestatore d’opera può recedere solamente per giusta causa, e questo recesso deve essere esercitato in modo da evitare pregiudizio al cliente. Se si è direttori lavori e si vuole recedere, si deve continuare finché il cliente non nomina un successivo, altrimenti ci si dimette determinando sospensione lavori con eventuali pregiudizi economici o fisici.

L’incarico pubblico: il nuovo codice dei contratti pubblici

Gli affidamenti di incarichi pubblici per servizi di architettura sono regolati dal decreto legislativo 36 del 2023, codice dei contratti pubblici. L’incarico pubblico è sempre stato disciplinato da legge speciale: dalla legge 2248 del 1865 (legge di unificazione d’Italia con regolamento del 1895) fino al 1994, quando Tangentopoli e Mani Pulite hanno fatto emergere il default del sistema (appalti che partivano da un miliardo di lire e finivano a 6-7 miliardi). Il ministro Merloni ha pensionato la normativa ottocentesca introducendo la Merloni, poi Merloni bis, ter, quater, fino al decreto legislativo 163 del 2006, poi il 50, infine l’attuale 36 del 2023.

Questo codice definisce modalità, soggetti ammessi e requisiti necessari per partecipare alle procedure di gara. Esistono soglie: sotto soglia e sopra soglia (attualmente 140.000 euro per i servizi di architettura e ingegneria).

Chi può partecipare? Professionisti singoli o associati, società di professionisti, società di ingegneria o di architettura, consorzi, raggruppamenti temporanei di professionisti (RTP) o di imprese, soggetti stabiliti in altri stati membri UE abilitati dal diritto nazionale o internazionale a offrire questi servizi, nel rispetto dei principi di non discriminazione e parità di trattamento. L’articolo 66 del codice stabilisce un elenco non tassativo aprendo anche a enti senza scopo di lucro purché in grado di dimostrare i requisiti richiesti. Oltre ai soggetti, servono requisiti minimi per la partecipazione, indicati nella parte quinta dell’allegato II.12 del codice.

I servizi affidabili e le procedure di gara

I servizi affidabili includono: servizi relativi alla progettazione (studi di fattibilità tecnico-economica, documentazione preliminare di indirizzo, progetto di fattibilità tecnica ed economica che definisce caratteristiche funzionali tecniche gestionali ed economiche, progetto esecutivo che definisce in ogni dettaglio l’intervento e i costi), attività di supporto alla progettazione (indagini geologiche geotecniche sismiche, rilievi topografici catastali, misurazioni, sondaggi, studi e analisi di impatto ambientale), verifica preventiva della progettazione come validazione del progetto per assicurare conformità a normativa e requisiti. Oltre ai servizi relativi alla progettazione, ci sono i servizi relativi all’esecuzione del controllo: direzione lavori, coordinamento sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione, assistenza e supporto tecnico al responsabile unico del progetto, collaudo tecnico-amministrativo, collaudo statico. Esistono anche altri servizi tecnici specialistici: progettazione impiantistica, progettazione urbanistica, pianificazione territoriale, attività tecnico-amministrative, valutazioni immobiliari, redazione piani di manutenzione, servizi per i beni culturali.

Le procedure di affidamento possono essere: aperte, ristrette, negoziate con obbligo di pubblicazione del bando per importi pari o superiori alla soglia europea. La scelta del contraente avviene in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che privilegia (o dovrebbe privilegiare) la qualità rispetto al prezzo, soprattutto per i servizi intellettuali come la progettazione. Esiste il divieto di frazionamento artificioso degli incarichi. L’ANAC (Agenzia Nazionale Anticorruzione) ha dichiarato che l’affidamento congiunto di tutti gli incarichi progettuali è preferibile per garantire coerenza e qualità del progetto finale e avere un unico responsabile di riferimento.

La ponderazione tecnico-economica, la struttura della base d’asta e l’equo compenso dei corrispettivi da mettere a base di gara sono oggi regolati dal decreto ministeriale 17 giugno 2016, il cosiddetto decreto parametri bis. Il compenso delle opere pubbliche ha sempre avuto una disciplina più rigorosa rispetto alle opere private, anche nella produzione degli elaborati. Sono richieste cauzioni e garanzie, implementazione del BIM (Building Information Modeling), attenzione ai giovani: i professionisti iscritti all’albo da meno di  5 anni che partecipano alle procedure con ruoli sostanziali costituiscono punteggio migliore per l’affidamento.

L’equo compenso: una tutela necessaria

La legge 49 del 2023 sull’equo compenso rappresenta una tutela fondamentale nei rapporti con pubbliche amministrazioni e grandi committenti privati, imponendo che il compenso sia proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto. Il principio sottostante è cristallino: il rapporto sinallagmatico tra prestazione e compenso deve essere equilibrato, rispettando l’articolo 2233 del Codice Civile che stabilisce la proporzionalità del compenso all’importanza dell’opera. Il principio “Facio ut des” non è dunque mera astrazione giuridica ma rappresenta il presidio della dignità professionale che ogni architetto deve saper rivendicare.

L’incarico privato è regolato dalla normativa generale del Codice Civile (articoli 2230 e seguenti sulle professioni intellettuali, più le norme generali sul contratto degli articoli 1321 e seguenti), lasciando ampia autonomia contrattuale alle parti nei limiti imposti dalla legge. L’incarico pubblico è invece regolato rigidamente da normativa speciale: il decreto legislativo 36 del 2023 (codice dei contratti pubblici) che stabilisce procedure di affidamento, requisiti di partecipazione, modalità di gara, criteri di valutazione delle offerte, obblighi di trasparenza e pubblicità. Nell’incarico privato il professionista negozia direttamente con il committente basandosi sul rapporto fiduciario (intuitus personae); nell’incarico pubblico deve partecipare a procedure competitive rispettando requisiti minimi di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, con affidamento basato sull’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il Codice Civile non impone la forma scritta per i contratti di prestazione d’opera intellettuale (salvo per gli avvocati all’articolo 2232 terzo comma). Il codice deontologico degli architetti (articolo 23) richiede invece che l’incarico sia redatto in forma scritta. La ragione risiede nella tutela sia del professionista che del committente: nei contenziosi, i contratti verbali diventano difficilissimi da gestire perché manca la prova documentale di quanto pattuito. Violare l’obbligo deontologico di forma scritta non comporta nullità del contratto dal punto di vista giuridico (che rimane valido anche verbalmente), ma espone il professionista a responsabilità disciplinare: richiamo per la prima volta, censura (atto ufficiale annotato nella “fedina disciplinare”), fino alla sospensione dall’esercizio. La forma scritta protegge da contestazioni su oggetto della prestazione, compenso, modalità di esecuzione, obblighi reciproci.

L’articolo 1218 del Codice Civile stabilisce che il debitore deve eseguire esattamente la prestazione dovuta. “Dovuta” significa non solo ciò che è stato esplicitamente pattuito nel contratto, ma anche ciò che la legge e l’ordinamento giuridico pretendono dal professionista in ragione della natura della prestazione. Esempio concreto: un progettista deve assicurare la conformità del progetto alla normativa urbanistica, edilizia, paesaggistica e individuare la corretta procedura amministrativa (CILA, SCIA, permesso di costruire) anche se il contratto non lo specifica esplicitamente, perché questo rientra nella diligenza professionale qualificata dell’articolo 1176 comma 2. La disciplina conformativa dell’attività edificatoria diventa fonte di obbligazione anche se il committente vorrebbe soluzioni non conformi: l’interesse pubblico prevale sull’interesse privato. Non basta fare quello che il cliente chiede; bisogna fare quello che è legalmente e deontologicamente corretto.

L’articolo 2237 del Codice Civile stabilisce un’asimmetria significativa. Il committente può sempre recedere ad nutum (senza motivazione), pagando solo le spese sostenute e il compenso per l’opera svolta; non deve pagare il mancato guadagno futuro del professionista. Diversamente, il prestatore d’opera può recedere solamente per giusta causa (non mi stanno pagando gli acconti pattuiti, comportamenti scorretti che impediscono corretto svolgimento, richieste illecite), e questo recesso deve essere esercitato in modo da evitare pregiudizio al cliente. Esempio pratico: se si è direttori lavori e si vuole recedere, si deve continuare finché il cliente non nomina un successore, altrimenti la sospensione dei lavori potrebbe causare pregiudizi economici o fisici (cantiere non protetto, pioggia, deterioramento). Licenza accettata dal cliente, il professionista deve gestire una transizione ordinata evitando danni.

I requisiti minimi per partecipare sono indicati nella parte quinta dell’allegato 2.12 del codice dei contratti pubblici e includono: titolo di studio, abilitazione professionale e iscrizione all’albo; requisiti di capacità economica e finanziaria (es. fatturato globale minimo negli ultimi anni); requisiti di capacità tecnica e professionale (aver svolto servizi analoghi per importo e complessità, dimostrabili con certificati di corretta esecuzione); regolarità contributiva attestata dal DURC; per le società: inclusione nell’oggetto sociale delle attività di architettura e ingegneria, organigramma aggiornato con indicazione dei professionisti e tecnici disponibili, presenza di un direttore tecnico laureato in ingegneria o architettura abilitato con almeno 10 anni di iscrizione all’albo, delega formale della responsabilità degli elaborati tecnici al direttore tecnico o a professionista con requisiti equivalenti. Per i giovani professionisti (inferiori ai 5 anni di iscrizione) esistono facilitazioni quando partecipano in RTP con ruoli sostanziali.

La legge 49 del 2023 sull’equo compenso tutela i professionisti nei rapporti con pubbliche amministrazioni, società controllate da enti pubblici, grandi imprese che per forte potere contrattuale potrebbero imporre compensi irrisori. Il principio: il compenso deve essere giusto, equo, proporzionato alla prestazione professionale richiesta, nel rispetto dell’articolo 2233 del Codice Civile (adeguato all’importanza dell’opera e al decoro della professione). La legge si applica specificamente ai rapporti dove esiste squilibrio di potere contrattuale tra committente e professionista. Costituisce illecito disciplinare la violazione dell’obbligo di avvertire il cliente che il compenso deve rispettare queste disposizioni, pena la nullità della pattuizione. Prima dell’equo compenso, casi eclatanti come il piano regolatore di Reggio Calabria affidato per un euro creavano distorsioni di mercato; oggi queste situazioni dovrebbero essere eliminate. L’obiettivo: evitare che il professionista venga costretto ad accettare compensi non proporzionati alla prestazione solo perché non ha alternativa contrattuale.


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