L’evoluzione normativa degli ultimi decenni ha trasformato radicalmente il panorama della tutela della salute e sicurezza, passando da un approccio meramente sanzionatorio a un sistema integrato di prevenzione che assegna responsabilità precise e articolate a tutti i soggetti coinvolti nella filiera edilizia.
Il concetto di “giuridico pensiero”, ovvero la crescente incidenza della normativa e della giurisprudenza sull’esercizio professionale, ha reso indispensabile per gli architetti una conoscenza approfondita non solo del cosa fare, ma soprattutto del come farlo, poiché in ambito penale occorre dimostrare non solo di aver adempiuto un obbligo normativamente previsto, ma anche le modalità con cui si è adempiuto.

L’evoluzione storica della normativa sulla sicurezza

Il percorso normativo italiano in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro ha radici che risalgono agli anni Cinquanta del secolo scorso. Il DPR 547 del 1955 costituì il primo intervento sistematico sulla sicurezza generale nei luoghi di lavoro, affiancato dal DPR 164 del 1956 specificamente dedicato ai cantieri edili e dal DPR 303 del 1956 sulle norme generali per l’igiene del lavoro. Questi provvedimenti, pur datati, hanno rappresentato la base concettuale che è stata successivamente trasfusa nel decreto legislativo 81 del 2008, attualmente in vigore.

La vera svolta si ebbe con il recepimento delle direttive europee: la direttiva 89/391/CEE stabilì i principi generali di tutela della salute e sicurezza applicabili a tutti i settori di attività, mentre la direttiva 92/57/CEE si concentrò specificamente sui cantieri temporanei o mobili. Quest’ultima direttiva, riconoscendo i cantieri come settore a rischio particolarmente elevato, impose l’obbligo di pianificazione preventiva della sicurezza attraverso l’introduzione di figure professionali dedicate: il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione.

Il decreto legislativo 81/2008: architettura normativa

Il Testo Unico sulla Sicurezza, promulgato nel 2008 su impulso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in risposta a una drammatica stagione di infortuni sul lavoro, costituisce il riferimento normativo fondamentale per la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La struttura del decreto si articola in titoli tematici che coprono sistematicamente tutti gli aspetti della sicurezza lavorativa: il Titolo I definisce disposizioni generali e principi comuni applicabili a tutte le tipologie di lavoro; il Titolo II disciplina i luoghi di lavoro; il Titolo III regola l’uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale; il Titolo IV è dedicato specificamente ai cantieri temporanei o mobili.

L’articolo 2 del decreto fornisce le definizioni fondamentali e rappresenta un riferimento imprescindibile per interpretare correttamente l’intero impianto normativo. La definizione di salute, mutuata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o di infermità”, amplia significativamente il perimetro di tutela rispetto alla semplice prevenzione degli infortuni. Questa definizione, pur rappresentando un ideale difficilmente raggiungibile nella pratica, testimonia l’ambizione del legislatore di garantire una tutela integrale del lavoratore.

Le definizioni di norma tecnica, buone prassi e linee guida contenute nell’articolo 2 assumono particolare rilevanza operativa. Le norme tecniche UNI, CEI e altre specifiche tecniche, pur non avendo carattere di obbligatorietà giuridica, costituiscono parametri di riferimento per valutare l’adeguatezza delle misure di sicurezza adottate. Le buone prassi e le linee guida pubblicate dall’INAIL e da altri enti rappresentano strumenti interpretativi fondamentali per l’attività professionale, poiché forniscono indicazioni concrete su come applicare i principi generali di prevenzione a situazioni specifiche.

I principi generali di prevenzione e tutela

L’articolo 15 del decreto legislativo 81/2008 stabilisce le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, costituendo il nucleo valoriale dell’intero impianto normativo. Questi principi, già presenti nella direttiva 89/391/CEE, rappresentano una gerarchia delle misure di prevenzione che deve orientare tutte le scelte progettuali, organizzative e operative.

Il primo principio fondamentale è l’evitamento dei rischi alla fonte: se è possibile eliminare una situazione di pericolo attraverso scelte progettuali o organizzative, questa deve essere sempre la soluzione prioritaria. Solo quando l’eliminazione del rischio non è tecnicamente possibile si procede alla valutazione dei rischi residui per definire le misure di riduzione appropriate. Il secondo principio impone di sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non lo è o lo è meno, orientando verso soluzioni tecnologiche e materiali più sicuri. Il combattere i rischi alla fonte, anziché intervenire solo sulle conseguenze, rappresenta un approccio sistemico che richiede competenze progettuali avanzate.

L’adeguare il lavoro all’uomo, piuttosto che l’uomo al lavoro, costituisce un principio ergonomico fondamentale: non è sufficiente “corazzare” il lavoratore con dispositivi di protezione individuale, ma occorre progettare ambienti, attrezzature e organizzazione del lavoro che minimizzino l’esposizione ai rischi. La priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale discende direttamente da questo principio: un parapetto collettivo è sempre preferibile a un sistema anticaduta individuale. Il tenere conto del grado di evoluzione della tecnica impone un obbligo di aggiornamento continuo sulle innovazioni tecnologiche e materiali disponibili sul mercato. L’architetto coordinatore della sicurezza dovrebbe mantenersi informato sulle nuove attrezzature, sui sistemi di protezione innovativi e sulle tecniche costruttive più sicure, frequentando fiere specializzate, corsi di aggiornamento e consultando pubblicazioni tecniche specializzate.

Responsabilità professionali in materia di sicurezza

La tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è presidiata da una pluralità di norme penali e civili che configurano diverse tipologie di responsabilità per i professionisti coinvolti. Gli articoli 589 e 590 del Codice Penale disciplinano rispettivamente l’omicidio colposo e le lesioni personali colpose, costituendo le fattispecie più frequentemente contestate nei procedimenti penali conseguenti a infortuni sul lavoro. La colpa rilevante può essere generica (negligenza, imprudenza, imperizia) o specifica (inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline). Quest’ultima assume particolare rilevanza per i coordinatori della sicurezza, poiché l’inadempimento di obblighi normativamente previsti configura automaticamente una colpa specifica. Un principio giurisprudenziale consolidato stabilisce che nel diritto penale un fatto o un atto fatto male equivale a non fatto: se il Piano di Sicurezza e Coordinamento omette di valutare un pericolo e i rischi associati, si considera che il PSC non sia stato redatto per quel rischio specifico. Questa interpretazione impone un livello di diligenza particolarmente elevato nella redazione dei documenti di sicurezza, richiedendo analisi complete e dettagliate di tutti i rischi potenzialmente presenti.

Il Codice Civile, all’articolo 2043, prevede la responsabilità aquiliana o extracontrattuale: qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il danno. Questa norma può essere invocata anche da soggetti con i quali il professionista non ha alcun rapporto contrattuale, ampliando significativamente la platea dei potenziali danneggiati che possono richiedere risarcimenti.

Il coordinatore della sicurezza: ruolo e responsabilità

Il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione rappresentano figure professionali centrali nel sistema di prevenzione dei cantieri temporanei o mobili. L’obbligo di designazione di queste figure scatta quando è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, riconoscendo che i rischi da interferenza possono manifestarsi anche tra lavorazioni successive che si influenzano reciprocamente.
Il coordinatore per la progettazione ha il compito di redigere il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), analizzando le caratteristiche dell’opera da realizzare, le condizioni ambientali e contestuali del cantiere, le lavorazioni previste e le possibili interferenze. L’articolo 90 del decreto legislativo 81/2008 specifica che il PSC deve essere redatto tenendo conto delle scelte architettoniche, tecniche e organizzative, al fine di pianificare i vari lavori o fasi di lavoro che si svolgeranno simultaneamente o successivamente. Questa formulazione evidenzia che le scelte progettuali hanno un impatto diretto sulla sicurezza del cantiere: un progetto architettonico che ignora le problematiche di cantierizzazione può generare situazioni di rischio evitabili.

Il coordinatore per l’esecuzione verifica con opportune azioni di coordinamento e controllo l’applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni contenute nel PSC e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro. L’articolo 92 gli attribuisce anche il compito di verificare l’idoneità del Piano Operativo di Sicurezza predisposto da ciascuna impresa esecutrice, adeguandolo in caso di modifiche significative delle condizioni di sicurezza. La giurisprudenza ha progressivamente chiarito che non è sufficiente la presenza formale del coordinatore in cantiere, ma occorre dimostrare l’effettivo svolgimento dell’attività di coordinamento e controllo attraverso documentazione probante: verbali di coordinamento, comunicazioni scritte alle imprese, prescrizioni impartite e verificate, documentazione fotografica delle situazioni riscontrate. Un rischio particolare per i coordinatori deriva dall’articolo 299 del decreto legislativo 81/2008, che prevede la possibilità di esercizio di fatto dei poteri direttivi: quando il coordinatore assume comportamenti che configurano direzione o supervisione diretta dei lavoratori, può essere qualificato come datore di lavoro, dirigente o preposto di fatto, con conseguente estensione delle relative responsabilità. Questa situazione può verificarsi quando il coordinatore impartisce direttive operative dirette ai lavoratori anziché limitarsi al coordinamento con i responsabili delle imprese esecutrici.

Gli obblighi del progettista e del direttore lavori

L’articolo 22 del decreto legislativo 81/2008, spesso sottovalutato nella pratica professionale, stabilisce obblighi specifici a carico dei progettisti di luoghi e posti di lavoro: devono rispettare i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche, scegliendo attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia. Questa norma ha implicazioni significative per l’attività progettuale ordinaria, anche al di fuori del contesto specifico dei cantieri. La giurisprudenza ha iniziato ad indagare, nei casi di infortuni gravi, se le scelte architettoniche e organizzative adottate in fase progettuale abbiano contribuito a creare situazioni di pericolo che hanno favorito l’infortunio. Un esempio paradigmatico riguarda la progettazione di luoghi di lavoro con spazi inadeguati che costringono a movimentazioni manuali eccessive di merci, aumentando esponenzialmente la probabilità di infortuni.

La direttiva 92/57/CEE, nel proprio preambolo, afferma esplicitamente che “le scelte architettoniche e organizzative non adeguate o una carente pianificazione dei lavori all’atto della progettazione dell’opera hanno influito su più della metà degli infortuni del lavoro nei cantieri della comunità”. Questo riconoscimento normativo della correlazione tra scelte progettuali e sicurezza impone ai progettisti una responsabilità che trascende il mero rispetto delle normative tecniche edilizie, estendendosi alla valutazione preventiva delle implicazioni sulla sicurezza delle soluzioni adottate.

Strumenti di tutela e gestione documentale

La tutela penale della sicurezza nei luoghi di lavoro è una tutela di natura personale che richiede al professionista di provare la propria diligenza nell’adempimento degli obblighi. Questa caratteristica rende fondamentale la gestione documentale dell’attività professionale, poiché in assenza di documentazione probante diventa estremamente difficile dimostrare di aver correttamente adempiuto ai propri obblighi. I verbali di coordinamento devono avere carattere sostanziale e non meramente formale o formalistico. È necessario che descrivano le situazioni riscontrate, le prescrizioni impartite, i termini assegnati per l’adeguamento e le verifiche successive effettuate. La documentazione fotografica georeferenziata e datata costituisce un elemento probatorio significativo, così come le comunicazioni scritte (email, PEC) tra i soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza.

Il Piano di Sicurezza e Coordinamento deve evidenziare esplicitamente la definizione di rischi da interferenza adottata e l’analisi delle interferenze tra le diverse lavorazioni o fasi di lavoro. Troppo spesso i PSC si limitano a elencare genericamente rischi e misure di prevenzione senza evidenziare le specifiche interferenze che costituiscono la ratio dell’obbligo di coordinamento. La mancata identificazione delle interferenze può essere considerata una lacuna progettuale che trasferisce integralmente al coordinatore per l’esecuzione ogni incombenza.
Buone prassi e linee guida pubblicate dall’INAIL e da altri organismi tecnici devono essere consultate e citate nella documentazione progettuale. Seguire le indicazioni contenute nelle linee guida specifiche per determinati rischi costituisce un elemento di diligenza qualificata che può assumere rilevanza esimente in caso di contestazioni. La bibliografia tecnica citata nei documenti di sicurezza dimostra l’approccio metodologico adottato e la consapevolezza delle migliori pratiche disponibili.

La formazione continua degli operatori rappresenta un obbligo normativo ma anche uno strumento di tutela professionale. L’Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025 ha ridefinito i requisiti dell’aggiornamento professionale per i coordinatori della sicurezza, richiedendo che non si limiti a una mera ripetizione delle nozioni dei corsi base ma tenga conto dei cambiamenti normativi, tecnici e organizzativi intervenuti. La documentazione della formazione continua effettuata costituisce prova dell’aggiornamento professionale richiesto dalla natura evolutiva della disciplina. La conoscenza approfondita della disciplina della sicurezza nei luoghi di lavoro, nelle sue implicazioni normative e giurisprudenziali, rappresenta quindi un requisito imprescindibile per l’esercizio consapevole e sicuro della professione di architetto in tutte le sue articolazioni operative.

La colpa generica deriva da condotte negligenti, imprudenti o imperite, ovvero dalla violazione delle regole di diligenza professionale generalmente riconosciute. La colpa specifica deriva dall’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline specificamente previste. Per i coordinatori della sicurezza, l’omessa redazione del PSC, la mancata verifica del POS o l’inadeguata sorveglianza configurano colpa specifica poiché violano obblighi normativamente previsti dal D.Lgs. 81/2008. La colpa specifica ha rilevanza probatoria maggiore nei procedimenti penali.

Questo principio giurisprudenziale stabilisce che l’adempimento formale di un obbligo non è sufficiente se la sostanza è inadeguata. Un Piano di Sicurezza e Coordinamento che omette di valutare un pericolo specifico si considera come non redatto per quel rischio. Un verbale di coordinamento generico e formalistico non ha valore probatorio. È necessario dimostrare non solo di aver adempiuto l’obbligo, ma anche le modalità concrete con cui si è adempiuto attraverso documentazione dettagliata e sostanziale.

I progettisti di luoghi e posti di lavoro devono rispettare i principi generali di prevenzione al momento delle scelte progettuali e tecniche, scegliendo attrezzature, componenti e dispositivi rispondenti alle disposizioni in materia di sicurezza. Questo significa valutare preventivamente le implicazioni delle soluzioni architettoniche sulla sicurezza, progettare spazi adeguati per evitare movimentazioni manuali eccessive, garantire accessibilità sicura per manutenzioni future, considerare l’Allegato IV per i requisiti dei luoghi di lavoro.

L’articolo 299 del D.Lgs. 81/2008 prevede la figura dell’esercizio di fatto dei poteri direttivi. Il coordinatore che impartisce direttive operative dirette ai lavoratori, anziché coordinarsi con i responsabili delle imprese, può essere qualificato come datore di lavoro, dirigente o preposto di fatto. Questa situazione comporta l’estensione delle relative responsabilità. Il coordinatore deve limitarsi al coordinamento con i responsabili delle imprese e documentare formalmente le prescrizioni impartite.

Le norme tecniche UNI, CEI e altre specifiche tecniche non hanno carattere di obbligatorietà giuridica ma costituiscono parametri di riferimento per valutare l’adeguatezza delle misure adottate. Le buone prassi e le linee guida (definite nell’art. 2 del D.Lgs. 81/2008) rappresentano strumenti interpretativi per applicare i principi generali di prevenzione. Seguirle costituisce elemento di diligenza qualificata con potenziale rilevanza esimente; citarle nella documentazione dimostra l’approccio metodologico adottato.

La tutela penale richiede di provare la propria diligenza attraverso documentazione probante: verbali di coordinamento dettagliati con descrizione situazioni, prescrizioni impartite, termini e verifiche; comunicazioni scritte (email, PEC) tra i soggetti; documentazione fotografica georeferenziata e datata; PSC con evidenziazione esplicita delle interferenze e della loro gestione; citazione di buone prassi e linee guida seguite; formazione continua documentata. La documentazione deve avere carattere sostanziale, non meramente formale.


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